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Il Lago di Luco
Il Lago di Luco
Val d'Ultimo (BZ)

Estate. L'alpe di luco è tutta di smeraldo. Fra il verde della prateria occhieggia limpido, chiaro, il piccolo lago che dall'Alpe prende il nome: il lago di Luco.
Il mattino è sereno; il giorno promette bene. Già le mandrie sono uscite al pascolo: s'ode di lontano il suono festoso dei campanacci.
Ecco leo, il mandriano. E' un ragazzotto robusto, ben piantato, dall'atteggiamento fiero, un po’ spavaldo. Viene avanti schioccando la lunga frusta, è allegro. L'eco coglie a volo gli schiocchi alti e sonori e glieli rimanda ad uno ad uno, senza sbagliare; il gioco è divertente.
Leo guida la mandria nelle vicinanze del lago, dove il pascolo è grasso ed abbondante. Calme, le mucche si spargono qua e là e affrontano avide il muso nell'erba sapida e rorida di rugiada. I vitellini vivaci si sbizzarriscono in buffe piroette attorno alle madri poi, ghiotti, si mettono a brucare.
Seduto sull'erba, Leo sorveglia il bestiame, richiama qualche animale che sta per allontanarsi troppo dal branco e comincia a fantasticare. Come d'incanto la sua solitudine si popola di personaggi cari alla sua fantasia: sono maghi potenti, fate benefiche, vispi nanetti, folletti capricciosi.
E' tutto un mondo, il mondo delle fiabe, delle leggende, che egli, fin da piccolo, ha udito narrare dalla nonna e dal nonno, nelle lunghe veglie invernali.
Si avvicina al lago. Com'è calmo e limpido! Nelle sue acque si specchiano alcune lievi e bianche nuvolette. Una libellula verdazzurra si libra a volo sulla tersa superficie, la sfiora, intreccia agili voli, plana, scatta verso l'alto, scompare. Una rana affiora fra l'erbe della riva. Si tuffa, zaff… plaff… un gorgo, è sparita.
Leo guarda quelle acque placide e mute. Chi gli ha mai detto che in fondo al lago vivono delle orribili streghe, dannate ad un'eterna prigionia? Guai a turbare quelle acque! Tremenda, inesorabile si scatena la vendetta delle prigioniere.
Leo scruta affascinato il lago.«Fole, fole», dice come parlando tra sé e scoppia in una risata alta e squillante. La voce rimbalza lontana sulle rocce, si spegne. Di nuovo è silenzio nella prateria. Il mandriano, come preso da un sottile incantesimo, torna a fissare le acque; ombre scure passano sul suo viso. Ma perché non tentare di sciogliere finalmente il mistero? Se incantesimo c'è, si vedrà.
E' una sfida? Forse. Deciso, il giovane leva di tasca la coroncina del rosario e la getta nel lago. Crede, l'incauto, di scoprire, così, se nel lago ci siano veramente le streghe! Imprudente! Ora lo saprai.
Enormi nuvoloni neri avanzano dai quattro punti dell'orizzonte, si ammassano rapidamente, si accavallano, oscurano il sole, coprono l'azzurro. D'improvviso si fa notte. Bagliori di fuoco rompono di tratto in tratto le tenebre seguite da tuoni che riempiono l'aria di schianti e di fragore.
Ulula il vento e spazza la prateria. Senza più freni si scatenano le forze immani della natura, sconvolgendo nella loro furia il sereno mondo dell'alpe.
Impazzisce di terrore l'armento; l'aria rintrona di muggiti, mentre il saettante bagliore dei lampi illumina per un attimo una massa biancheggiante di groppe in fuga.
Solo, indifeso, il mandriano è in balia della bufera.
Vorrebbe urlare ma il terrore gli strozza l'urlo in gola, vorrebbe fuggire, ma il terrore lo inchioda al suolo. E' solo, il disgraziato, solo, disperatamente solo. Gli sembra di affogare, di sprofondare sempre più in quell'abisso di tenebre che sommergono cielo e terra. Si copre gli occhi con le mani.
Quanto durerà? Un lampo, uno schianto. Come morto si abbatte sull'erba, il poveretto.
Per ore ed ore imperversò la bufera e finalmente tornò il sereno.
Quando il ragazzo rinvenne, vide attorno a sé uno spettacolo miserando: morto il bestiame, devastato il pascolo.
Livide le montagne sembravano guardare lontano tanta desolazione e tanta rovina.
Inebettito, Leo girovagò a lungo per l'alpe, senza darsi pace.
Ora conosceva il mistero del lago. L'avrebbe rivelato al suo padrone?


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