Ingresso dell'Antro della Sibilla
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La Sibilla Cumana
Cuma (NA)
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Enea era profugo e dopo essere stato a Cartagine dalla regina Didone, e dopo aver celebrato i giochi funebri in onore del padre Anchise, si recò a Cuma e si apprestò a chiedere alla Sibilla ciò che gli dei ancora
gli riservavano. Ella, alla vista di Enea, cominciò ad invocare il dio Apollo che entrò nel suo corpo e parlava al suo posto, mentre la sibilla mutò il volto. Nel frattempo Enea pronunciò una preghiera attraverso la quale chiedeva che i Troiani trovassero rifugio sicuro nel Lazio e che la mala sorte non li accompagnasse, dato che avevano già combattuto a lungo contro gli Achei. Se questo gli fosse stato concesso, avrebbe costruito un nuovo tempio per il Dio Apollo e avrebbe istituito dei giorni festivi in suo onore. Alla Sibilla invece promise che avrebbe conservato i suoi oracoli nei libri chiamati sibillini.
E pregò di non affidare le sue profezie alle foglie, perché il vento se le sarebbe portate via. Chiedeva invece alla Sibilla di parlargli personalmente, ma ella non riusciva a scacciare la presenza del dio dal suo corpo. Il dio Apollo rispose che i Troiani non sarebbero mai voluti arrivare nel Lazio, poiché li attendevano numerosissime guerre. Enea poi avrebbe dovuto combattere contro un altro uomo forte come Achille, questi era Turno, re dei Rutuli.
La causa di tutto ciò sarebbe stata Lavinia, figlia del re Latino. Ella era stata promessa sposa sia ad Enea sia a Turno.
La lunghezza dell’antro della Sibilla è di
circa 135 m., molto probabilmente questo scavo
fu effettuato dai primi abitanti della zona, gli Osci, a forma di parallelepipedo per la base
e una parte superiore a sezione trapezoidale.
Lungo la parete destra si aprono sei finestre anch'esse a forma di trapezio. Alla fine dell’antro arriviamo alla stanza degli oracoli. Si compone di tre vani disposti a formare, rispetto al corridoio principale, i bracci e la parte superiore di una croce latina. La figura della Sibilla, pur essendone stata verificata l'esistenza in epoca storica, rimane, ancora oggi, misteriosa ed affascinante. Molto probabilmente si trattava di donne epilettiche, infatti questa malattia veniva detta "morbo sacro" e coloro che ne erano affetti erano temuti e rispettati. Narra la leggenda che il dio Apollo si fosse innamorato di lei e le avesse offerto di realizzare qualunque desiderio; lei domandò allora di vivere tanti anni quanti erano i granelli di sabbia che poteva stringere nel pugno, e così diventò tanto vecchia che non si volle mai più far vedere in pubblico. In realtà le Sibille dovevano essere più di una così che i pellegrini avrebbero creduto alla
prodigiosa longevità della Sibilla Cumana per generazioni e generazioni. Gli oracoli erano assolutamente incomprensibili forse perchè il linguaggio dei locali era sconosciuto sia ai greci che ai romani.
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