ITALIA 
LAZIO
Frosinone
Latina
Rieti
Viterbo
 
MITI & LEGGENDE
Miti Religiosi
Miti Storici
Mitologia Classica
 
CONTATTACI 
FORUM 
PREFERITI 
HOME PAGE 

La maga Circe, dipinto di D. Dossi (1489 circa).
La Maga Circe
Circeo

Circe era una maga con molti e straordinari poteri che viveva sull’isola di Eea, più tardi identificata da alcuni autori con capo Circeo sulla costa occidentale dell’Italia. Trasformava i suoi nemici e tutti quelli che la offendevano in animali. Omero la chiama dea e descrive la sua dimora a Eea, isola dell’Alba, come un bellissimo palazzo che si eregeva nel mezzo di un fitto bosco; tutt’intorno alla casa leoni e lupi, vittime delle arti magiche di Circe, terrorizzavano i visitatori. La Circe omerica è ricca del fascino delle ambiguità: dea tremenda, donna dalla voce limpida, maga dai molti farmaci. Odisseo divide i compagni in due gruppi e ne invia uno in esplorazione, ma essi cadono vittime degli incantesimi di Circe che li trasforma in porci. Odisseo parte in loro soccorso e nella foresta incontra il dio Ermes, il quale lo rende immune alla magia. Egli così può penetrare nella casa della maga e renderla innocua. L’episodio costituisce la più ampia concessione al mondo magico che si trovi in Omero: la magia infatti generalmente non è presente nei racconti epici, in quanto elemento arcaico. E’ importante anche osservare che la magia nel mito greco è patrimonio esclusivo della donna. Si assiste dunque a una divisione abbastanza netta dei ruoli: l’uomo è indovino e profeta, mentre la donna è maga.

Parchi & Riserve: Parco Nazionale del Circeo
Ratto delle Sabine
Provincia di Rieti

Lo Stato romano era già così forte da poter tener fronte in guerra a qualsiasi tra le popolazioni confinanti; ma per la mancanza di donne la sua grandezza sarebbe durata una sola generazione, poiché non c'era in patria speranza di prole, né avvenivano connubi coi vicini. Così Romolo organizzò ad arte solenni ludi in onore di Nettuno equestre, e li chiama Consuali.
Ordina poi di annunziare lo spettacolo ai popoli vicini. Accorse molta gente, anche per la curiosità di vedere la nuova città, tra cui i Sabini. Mentre la festa si svolgeva fra canti e danze, ad un segnale convenuto, i giovani Romani rapirono le donne sabine, e armati di pugnali, misero in fuga gli uomini. Questi ritornarono, poco tempo dopo, guidati da Tito Tazio, Re della tribù sabina dei Curiti, con l'intento di liberare le loro donne e di vendicarsi dell'affronto ricevuto. Una fanciulla, Tarpea, aprì loro le porte della città: ma pagò immediatamente il suo gesto con una morte atroce, infatti fu schiacciata dagli scudi dei Sabini; le generazioni future daranno poi il nome di lei alla rupe Tarpea, dalla quale diverrà consuetudine gettare i condannati a morte.
Penetrati a Roma, i Sabini si lanciarono contro i guerrieri nemici; ma appena iniziò la battaglia, le donne intervennero per ottenere un armistizio: molte fanciulle infatti, si erano già affezionate agli sposi romani e non potevano tollerare la vista di quella sanguinosa battaglia nella quale erano coinvolti i loro padri e i loro mariti. La vicenda ebbe così una pacifica conclusione: Romolo e Tito Tazio regnarono in comune sulla città; Sabini e Romani si fusero in un solo popolo. Dal nome della tribù di Tito Tazio, quella dei Curiti, derivò poi ai Romani l'appellativo di Quiriti.



La bolla papale che attesta il miracolo
L'Ostia Incarnata
Alatri (FR)

La testimonianza di questo evento miracoloso è riportata in un lettera inviata da Papa Gregorio IX al vescovo della diocesi alatrina, Giovanni V. Il documento, datato 13 marzo 1228, riporta il fatto che gli era stato precedentemente descritto dal vescovo, in un documento a noi non pervenuto. Una giovane, suggestionata dal cattivo consiglio di una vecchia strega, dopo aver ricevuto dalle mani del sacerdote l'ostia, la trattenne in bocca fino al momento in cui la nascose in un panno dove, tre giorni dopo, ritrovò l'ostia trasformata in carne. Nella lettera inviata al vescovo (questo documento è attualmente conservato nell'archivio del Duomo di Alatri), il papa interpreta l'evento come un segno divino contro le diffuse dottrine eretiche contrarie al dogma della Transustanziazione. Non è privo di significato, per alcuni, il fatto che tale miracolo sia avvenuto a soli dodici anni di distanza dal IV Concilio Lateranense, nel quale venne ribadita la veridicità del dogma della Transustanziazione (="passaggio totale della sostanza del pane e del vno in quella del corpo e sangue di Cristo, in virtù della consacrazione").

Il Presepe di Greccio
Il Presepe di Greccio
Greccio (RI)



Il Miracolo del Sangue di Bolsena
Il Miracolo del Sangue di Bolsena
Bolsena (VT) e Orvieto (TR)

Nel 1264, l'avvenimento che fece decidere papa Urbano IV ad istituire per la Chiesa universale la Festa del Corpus Domini, fu il miracolo eucaristico di Bolsena. In quell'anno, sotto il papato di Urbano IV, che al momento tiene corte ad Orvieto, un giovane sacerdote tedesco, Pietro da Praga, percorre a tappe la Via Cassia, diretto a Roma. Ha il cuore pieno di dubbi, di incertezze teologiche sul fatto, asserito dalla Chiesa che, nell'atto dell'Eucaristia l'ostia ed il vino si trasformino veramente nel Corpo e nel Sangue di Cristo. Pietro crede invece che la celebrazione del mistero eucaristico abbia soltanto significato spirituale e allusivo e compie il lungo viaggio a Roma anche per cercare di placare la sua angoscia interiore. Arrivato a Bolsena, dove vivissima è la memoria di S. Cristina, e vi fa tappa. Prega a lungo davanti all'altare della piccola Santa, poi, la mattina seguente celebra la Messa nella stessa chiesa, prima di rimettersi in cammino. Giunto alla Consacrazione, dall'ostia spezzata sgorga il sangue che impregna il corporale del sacerdote, gli arredi del culto e anche alcune lastre di marmo del pavimento. Si grida al miracolo; l'emozione è grandissima; la notizia si diffonde fulmineamente per tutta la cristianità. Papa Urbano IV, in seguito all'evento, mandò immediatamente una commissione d'indagine che prelevò tutte le testimonianze e le condusse ad Orvieto; anzi, il Papa stesso andò incontro alla processione solenne e prese in custodia le reliquie, che vennero così conservate, quasi tutte, ad Orvieto; a Bolsena rimasero custodite le Sacre pietre, macchiate di Sangue, e l'altare legato al ricordo del miracolo.

Trovati: 5