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Festa della Madonna del Fiore
Festa della Madonna del Fiore
Acquapendente (VT)

Metà Maggio

Il giorno della festa, nella piazza antistante la cattedrale, si espongono una dozzina di grandi quadri chiamati pugnaloni. Si tratta di pannelli ampi una decina di metri quadrati composti di fiori, erbe, foglie. La tradizione risalirebbe al 1166, epoca in cui Acquapendente faceva parte del marchesato della Toscana governato da un tirannico nipote di Federico Barbarossa, Guelfo VI. Si narra che un giorno due contadini, mentre stavano recandosi al lavoro, videro un ciliegio secco e che uno dei due disse all'altro:"Vedi, è più facile che questo albero fiorisca piuttosto che l'usurpatore se ne vada dal nostro paese". Per intervento della Madonna poco dopo il ciliegio mise le prime gemme e fiorì, i due allora corsero in paese ad annunciare il prodigio. Naturalmente l'avvenimento infuse un improvviso coraggio e stimolò la rivolta dei contadini e tutti impugnarono i loro arnesi da lavoro, tra cui i pungoli, strumenti che servivano a pulire la lama dell'aratro, ma anche incitare i buoi.
Con queste primitive ma efficaci armi (e con l'aiuto inviato da papa Alessandro III) riuscirono a scacciare l'oppressore. In seguito con il legno di quel ciliegio fu scolpita una statua e fu istituita una solenne processione, nel corso della quale i paesani portavano i pungoli addobbati con fiori e foglie. Nei secoli quelle insegne si sono trasformate negli attuali pugnaloni e oggi i giovani fanno a gara per realizzare il pannello più bello. Ogni contrada s'impegna a raccogliere i fiori e altri vegetali e si cerca di ottenere il migliore effetto cromatico. Anche i bambini si cimentano nel costruire i loro pannelli, più piccoli e graziosamente ingenui. La mattina della festa i pannelli sono esposti e tutti li ammirano e giudicano, mentre la banda suona allegre marcette. Una giuria si incaricherà poi di premiare i vincitori con un Palio e con il diritto di essere esposti all'indietro della cattedrale fino all'anno seguente.



Sagra delle Castagne
Soriano nel Cimino (VT)

Primo e secondo fine settimana di ottobre

Per dieci giorni Soriano ricorda la sanguinosa battaglia in difesa del suo castello combattuta nel 1489. Fra padelloni ricolmi di caldarroste sfilano i suoi abitanti in costume storico. Nella mattina dell'ultima domenica vengono disputate la Giostra degli Anelli e il Torneo degli Arcieri seguite dalle esibizioni di spadaccini e sbandieratori.

* info@sagradellecastagne.com
: www.sagradellecastagne.com

Pranzo del Purgatorio
Gradoli (VT)

Mercoledì delle Ceneri

In questa cittadina della Tuscia affacciata sul lago di Bolsena, il mercoledì delle Ceneri si usa consumare un pranzo al quale prendono parte oltre un migliaio di persone, secondo un'usanza che risalirebbe al Cinquecento.
Anticamente era un pranzo penitenziale, oggigiorno vi partecipano un po’ tutti e molti emigrati ritornano proprio per prendervi parte. Tutto comincia giovedì grasso, quando i membri della confraternita del Suffragio organizzano la "Festa degli Incappucciati" sfilando per le vie del paese e raccogliendo le offerte in natura, che poi saranno vendute all'asta.
Il denaro ricavato servirà per acquistare le pietanze per il pranzo, naturalmente di magro, il menu comprende infatti brodo di tinca, baccalà arrosto, frittura di pesce e fagioli cannellini. I commensali sono tenuti a pagare un biglietto e a portarsi da casa le posate e il vino, che poi è consumato in comune.
A ogni sorsata è uso gridare: "Evviva le anime santissime del purgatorio!" E si crede che, così facendo, ogni volta un'anima abbandoni le pene da cui è stata purgata per salire in paradiso. A metà del pranzo un tamburino entra nella sala e raccoglie in un piatto d'ottone le offerte che serviranno a mettere insieme i fondi per celebrare messe in suffragio dei defunti e per opere di carità.



I Misteri di Santa Cristina
Bolsena (VT)

23 e 24 Luglio

Olio bollente, lame affilate e uncini acuminati, verghe similanti e viscide serpi, sono alcuni degli strumenti di tortura usati per il martirio di santa Cristina, che ogni anno viene ricordato in questa cittadina laziale adagiata sulle coste del lago omonimo. Si narra che Cristina, figlia del prefetto Urbano, al tempo delle persecuzioni promosse da Diocleziano nel III secolo, abbia voluto convertirsi alla nuova fede, grazie all'opera di proselitismo di una sua ancella. Il padre tentò di dissuaderla rinchiudendola in un'ala del palazzo assieme ad alcune delle sue ancelle, ma senza ottenere il risultato sperato, anzi la fanciulla donò ai poveri tutti i suoi averi. A questo punto Urbano, anche per salvaguardare la sua autorità pubblica, la sottopose a crudeli e interminabili supplizi, e i tormenti continuarono anche dopo la morte dello snaturato padre per opera dei suoi successori, finchè la povera giovane rese l'anima al cielo, lasciando tuttavia una testimonianza della propria santità: l'impronta dei suoi piedi su una pietra alla quale gli aguzzini l'avevano legata perché sprofondasse nel lago. La sera della vigilia, dopo l'esposizione delle reliquie della santa e una solenne processione, la statua che la raffigura viene deposta nel castello, dove passa la notte. Il giorno seguente la processione ripete a ritroso il tragitto verso la cattedrale. Lungo i due percorsi, uno notturno e l'altro diurno, in cinque punti della cittadina, su palcoscenici improvvisati, la popolazione realizza dei quadri plastici (Misteri) che riproducono episodi della sua vita e del suo martirio. Si tratta di una sorta di sacra rappresentazione, assai intensa e drammatica, nel corso della quale gli attori rimangono immobili per alcuni minuti, dopodichè cala il sipario ed essi possono riposarsi. La giornata si chiude con un grande spettacolo pirotecnico.


La Barabbata
Marta (VT)

Terza domenica di Maggio

La festa della Madonna del Monte, detta la barabbata o delle "passate", rientra nel quadro delle festività primaverili che in tempi assai antichi venivano organizzate per celebrare il risveglio della natura e al tempo stesso per chiedere agli dèi fertilità e abbondanza. Il nome di "passate" deriva da un avvenimento del 1704 quando gli abitanti organizzarono una manifestazione di protesta contro il cardinale Antonio Barbarigo, che voleva porre un freno alla rilassatezza dei costumi dei padri Minimi. Gli abitanti entrarono e uscirono tre volte (fecero tre "passate") dalla chiesa suonando e schiamazzando. Negli anni seguenti la cosa si ripeté, pur tra alti e bassi dovuti alle pressioni ecclesiastiche tese a modernare gli eccessi di tipo carnevalesco (definiti barabbate, da Barabba, il ladrone del Vangelo). Oggi si svolge una spettacolare processione che parte al mattino dalle sponde del lago di Bolsena, su cui il paese si affaccia, per poi salire fino al santuario dedicato alla Madonna del Monte, distante qualche centinaio di metri dall'abitato.
Vi prendono parte le quattro corporazioni dei casenghi (gli uomini di fiducia nelle fattorie), dei bifolchi (addetti al bestiame), dei villani (contadini) e dei pescatori, ognuno portando gli strumenti del proprio lavoro e i frutti di esso, che sono simbolicamente offerti alla Madonna. Precedute dal rullo dei tamburi le corporazioni attraversano per tre volte, passando dalla porta della sacrestia, l'atrio del santuario, mentre i sacerdoti offrono loro delle ciambelle a forma di serpente attorcigliato.



La "Macchina di Santa Rosa"
Viterbo (VT)

Prima domenica di settembre

Santa Rosa è la patrona di Viterbo; intorno a questa delicata e coraggiosa figura, vissuta solo diciassette anni verso la metà del XIII secolo, corrono molti racconti, ammantati di storia e leggenda.
Il suo corpo fu rinvenuto intatto dopo sette anni dalla morte e fu traslato, per volontà di papa Alessandro IV, con una solenne processione dalla cappella in cui era stato provvisoriamente deposto a quello che poi diverrà il santuario a lei dedicato. A partire dal Seicento tuttavia il semplice baldacchino che serviva a portare in processione l'immagine della santa, si trasformò in una macchina monumentale: un altissimo obelisco fiorito di figurazioni simboliche e punteggiato di lampadine, il cui trasporto impegnava una quantità di uomini in una prova notevole di forza. Oggi la "torre che cammina" è una guglia di cartapesta alta una trentina di metri che raggiunge il peso di quaranta quintali. Cento "facchini", scelti con molta cura, provvedono a imprimerle il movimento. Non è facile essere accolti nella confraternita laica incaricata di questo compito, gli aspiranti, infatti devono sottoporsi a prove di resistenza con pesi di piombo. Alle 14 si svolge la cerimonia della vestizione, i portatori indossano una tunica bianca con una fascia rossa intorno alla vita, dopodichè il gruppo compie una visita di devozione in cinque chiese per invocare sostegno e aiuto. Al termine ricevono la benedizione e l'assoluzione in articulo mortis, dato che si accingono a un'impresa che presenta non pochi pericoli. Alle 21 cadono i teli che nascondevano la "macchina" e gli uomini si pongono sotto le travature, la struttura ondeggia, si solleva, si muove. Il percorso è di circa un chilometro, interrotto da quattro brevi soste per riposarsi e rinfocillarsi. Tutte le luci si spengono mentre la guglia e splendente avanza rasentando i palazzi al ritmo scandito dalla banda musicale. Infine vi è da affrontare l'ardua salita che porta al santuario, è il momento più difficile e rischioso che i portatori intraprendono di corsa, fino a deporre il pesante carico sul sagrato. In quel momento si riaccendono le luci della città e scoppiano gli applausi della folla.






Carnevale di Ronciglione
Ronciglione (VT)

Carnevale

La sonora voce del campanone e la cavalcata degli Ussari, con pittoresco carosello in costumi del Settecento, segnano l'avvio ufficiale dei festeggiamenti nelle prime ore del pomeriggio di venerdì. Il re del carnevale, scortato da personaggi in costume, si insedia nel suo ruolo prendendo in consegna le chiavi del paese dalle mani del sindaco. Ha quindi inizio la "corsa a vuoto", detta anticamente la carriera. Schiumanti cavalli berberi non sellati e senza fantino si lanciano al galoppo sfrenato su un percorso di circa un chilometro attraverso le vie cittadine. Sono in tutto quindici, suddivisi in tre gruppi che si sfidano separatamente. Nei giorni seguenti, e soprattutto domenica e martedì grasso, si svolgono le finali delle corse di cavalli; vi sono poi danze in piazza, concorsi mascherati e, molto atteso, il "Gran corso di gala", un'imponente sfilata di carri allegorici. Tra le maschere si aggirano i Nasi Rossi, che indossano una papalina e una camicia da notte femminile, un gran naso di cartapesta e portano in mano un vaso da notte pieno di rigatoni al sugo. Procedono con il passo oscillante degli avvinazzati e interloquiscono scherzosamente con il pubblico offrendo i maccheroni. La sera di martedì grasso prende il via un grandioso saltarello cui partecipano tutti i presenti e infine si dà alle fiamme l'effige di re carnevale dopo un tragicomico funerale.

: www.carnevale-ronciglione.it

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