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La Sartiglia
Oristano (OR)
Ultima domenica e Ultimo martedì di Carnevale
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Sa Sartiglia, un'antica giostra equeste risalente al XVI secolo. Protagonista assoluto della manifestazione è Su Componidori, figura enigmatica e affascinante dalla bella maschera androgina che guida i cavalieri. Organizzata da due Gremi o Corporazioni, quella dei contadini la domenica e quella dei falegnami il martedi Sa Sartiglia ha inizio con la vestizione del capocorsa ad opera di giovani donne in costume, is massaieddas. La gara vera e propria è una sorta di corsa all'anello in cui cavalieri al galoppo cercano di infilare con la spada o con la lancia il foro interno di una stella metallica appesa a una funicella. Precede la gara un lungo corteo in costumi medievali a vivaci colori, spagnoli e sardi. In questa manifestazione, a differenza di altre forme di carnevale in cui prevalgono gli aspetti comici e satirici, l'atmosfera è molto composta e quasi solenne. Le maschere servono esclusivamente a caratterizzare determinate figure di tipo teatrale e rituale. Infatti, un momento particolare del cerimoniale è la vestizione, rigidamente codificata, del componidori (il cavaliere caporaga cui spetta il compito di infilzare per primo la stella), ma tutto l'insieme conserva complessi significati allegorici. Il giovane è condotto in un luogo addobbato con rami, foglie e fiori ed è affidato alle cure di alcune giovani dette massaieddas, guidate da una donna anziana, sa massaia manna. Egli sarà fatto sedere su una sedia posta sopra un tavolo e da quel momento non dovrà più toccare il suolo con i piedi. Le ragazze gli fanno indossare, sopra gli abiti maschili, una camicia bianca adorna di nastri colorati. Sul viso gli viene legata una maschera dal volto enigmatico di donna e sul capo gli si pone un velo da sposa coperto da un cappello nero a cilindro. Una volta vestito, è portato a braccia sul cavallo e gli si pone in mano un mazzo di violette e pervinche detto sa pippia de maiu (la bambina di maggio), che simboleggia gli organi sessuali maschili e femminili. Con questo il componidori benedirà la folla, che gli lancerà a sua volta grano e fiori. Infine egli, insieme con gli altri cavalieri in costume che portano anch'essi sul volto maschere femminili ma hanno abiti maschili, si avvia verso il luogo dove avverrà la corsa. Dall'esito della gara del componidori si trarranno auspici per la stagione agricola, mentre il risultato delle altre cavalcate non avrà alcun effetto sul nuovo anno e sarà considerato semplicemente una prova di destrezza. Terminata questa parte della festa, il corteo si reca in una zona periferica per compiere una serie di esibizioni spettacolari e temerarie. Gruppi di tre o quattro cavalieri corrono affiancati e compiono spericolate acrobazie passando dall'una all'altra cavalcatura tra lo squillo delle tombe e il rullare dei tamburi.
: www.sartiglia.org
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S'Ardia
Sedilo (OR)
6-7 luglio
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Si tratta di una cavalcata, ma soprattutto di una sagra religiosa che si svolge in onore di San Costantino (Santu Antine). In realtà si tratta dell'imperatore Costantino cui la credenza popolare, influenzata dalla tradizione greco-orientale, ha attribuito una ufficiosa santità. Si vuole così ricordare la vittoria di quest'ultimo contro Massenzio a Ponte Milvio nel 312 d.C., ma secondo alcuni l'origine della festa potrebbe essere più antica, risalirebbe infatti al periodo nuragico. Ne è teatro l'omonimo santuario alle pendici del paese dove la gente si reca per sciogliere un voto o per chiedere una grazia. S'Ardia è una spericolata corsa equestre che si svolge su un percorso duro e accidentato. Non prevede alcun premio se non, per alcuni, la necessità di ottemperare a un voto e per altri la voglia di mostrare il proprio coraggio o balentìa. A guidare la gara è sa pandela madzore (lo stendardo maggiore), un cavaliere che porta un vessillo. Egli sceglie altri due cavalieri che saranno la seconda e la terza pandela. A loro è affidato l'incarico di formare le rispettive scorte che hanno il compito, brandendo delle lance con in cima dei piccoli stendardi, di ostacolare la frotta di cavalieri che tentano in ogni modo di sorpassare le pandelas tra nugoli di polvere e spari di fucile. Benchè risulti comunque pericolosa, la battaglia è simulata, dal momento che i vessilli arrivano sempre per primi. La corsa inizia da una piccola altura e da qui la pandela madzone scatta all'improvviso cercando di sorprendere gli altri cavalieri. Per arrivare davanti alla chiesa deve prima affrontare uno scosceso pendio, quindi attraversare uno stretto arco di pietra, dopodichè i contendenti, che cavalcano senza sella, salgono verso il santuario intorno al quale compiono tre giri, ridiscendono nuovamente e poi risalgono. La gara si ripete il giorno dopo con ancora maggiore foga e impegno di tutti.
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Cavalcata Sarda
Sassari (SS)
Penultima domenica di Maggio
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La festa non ha un filo conduttore e il termine "cavalcata" non deve trarre in inganno, non si riferisce a una corsa di cavalli, anche se poi c'è anche quella. Si tratta invece di un'imponente parata del folklore isolano che si svolge in ricordo di una vittoria ottenuta, in torno l'anno Mille, dalle forze alleate sarde e pisane contro gli arabi. Gruppi provenienti da ogni località dell'isola percorrono le vie della città in uno sfavillo di colori e di costumi variopinti tale da ammaliare gli spettatori. Sono circa tremila i figuranti che vi prendono parte, tutti indossano i bellissimi costumi tradizionali delle varie comunità dell'isola, diversissimi per fogge, tessuti, ornanenti e colori. I principali protagonisti sono i cavalieri in costume e i cavalli infiocchettati che partecipano durante la mattinata alla parata, e il pomeriggio compiono spericolate evoluzioni cimentandosi in gare e corse di pariglie. Nel tardo pomeriggio i gruppi folkloristici si riuniscono in piazza d'Italia per esibirsi in un'orgia di danze e canti tradizionali sardi. In una sola giornata si possono così conoscere e ammirare gli usi, le tradizioni, i canti e i costumi dell'intera Sardegna. E' ancora possibile assistere alle sfide dei poeti estemporanei che si rilanciano l'un l'altro i temi e le rime su cui improvvisare canti d'amore, di fede e di cronaca.
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Sagra di Sant'Efisio
Cagliari (CA)
Primo maggio
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Fin dal 1657 i cagliaritani rinnovano il primo giorno di maggio un voto a Sant'Efisio, al quale si dovrebbe la cessazione di una terribile pestilenza. La ricorrenza è particolarmente sentita dagli abitanti del rione Stampace, dove sorge la chiesa del santo, edificata sopra la prigione in cui si vuole che egli sia stato rinchiuso prima di essere martirizzato per ordine di Diocleziano. Il santo viene paludato con gli abiti di gala: mantella di damasco rossa all'interno e bianca all'esterno, fiocco blu sulle spalle e fascia sovraccarica di ex-voto, gioielli antichi, collane e anelli. Egli è sistemato su un antico cocchio di stile barocco, bianco e laccato d'oro. Lo precedono migliaia di personaggi in variopinti costumi provenienti da ogni parte della Sardegna accompagnati da suonatori di laineddas (un antico flauto rustico a tre canne). Alcuni gruppi portano cestini ricolmi di pane artigianale e dolci tipici. Seguono le traccas, carri agricoli trainati da una coppia di buoi ornati di fiori, frutta, ricami e tappeti colorati su cui sono sistemati prodotti dell'artigianato, utensili domestici, porchetti e agnellini vivi. Le persone che siedono sul carro indossano i costumi tradizionali e intonano lietamente antiche canzoni dialettali. Seguono i miliziani dell'esercito sardo nelle loro diverse scarlatte e il viceré a cavallo contornato da valletti in costume e mazza. In una chiesa del vicino paese di Giorgio si procede al cambiamento dei paludamenti del santo, che divengono meno ricchi e si rinuncia anche al cocchio dorato, sostituito da un semplice carro campagnolo. Il mattino seguente il corteo giunge fino a Nora (25 Km da Cagliari) e sosta nella chiesetta sorta nel luogo dove Efisio avrebbe subito il martirio. Qui rimane per una intera giornata nel corso della quale viene offerto un pranzo ai poveri. Il 4 maggio la partenza è fissata per le prime ore del mattino, a Giorgino il santo riprende possesso del cocchio e degli abiti di gala per potere così giungere a Cagliari nel pieno del suo splendore. Le celebrazioni si chiudono il 25 maggio con particolari invocazioni, i goccius, intonacati dai componenti dell'arciconfraternita dedicata al santo.
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Pellegrinaggio al Santuario di San Francesco
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Pellegrinaggio al Santuario di San Francesco
Lula (NU)
1-9 maggio
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Secondo Grazia Deledda il Santuario di San Francesco sarebbe stato edificato da un bambino che, stanco della sua vita errabonda, avrebbe promesso di sottomettersi alla giustizia e di far sorgere la chiesa se fosse stato assolto. Alla mezzanotte del 30 aprile parte da Nuoro lo stendardo del santo e molti pellegrini coprono a piedi i trentacinque chilometri del percorso che separa la città dal santuario. Una volta giunti, sfiniti, avranno una benevola accoglienza nella casa del priore. Questi e sua moglie offriranno caffè e biscotti, oppure una minestra tradizionale, il filindeu e un buon bicchiere di vino. I pastori cuociono all'aperto maialini, agnelli arrosto e zurrette (stomaci di pecora ripieni di sangue e di spezie), altri lavorano il formaggio o travasano il vino di Oliena dalle botti nei fiaschi, che poi saranno offerti ai pellegrini. Alcuni di loro trovano ospitalità in apposite capanne, dove si passa la notte intonando in coro canti sacri. L'ultimo giorno della novena c'è poi il ritorno a Nuoro, con relativa sosta a metà del percorso per consumare un pasto all'aperto.
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Sa Sortilla 'e Tumbarinos
Gavoi (NU)
Giovedì grasso
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Primo giorno del carnevale di Gavoi caratterizzato dal raduno dei tumbarini costruiti interamente a mano.
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Carnevale di Mamoiada
Mamoiada (NU)
Carnevale
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Al centro del carnevale di Mamoiada, un piccolo comune della Barbagia posto su un altopiano, sono i mamuthones. Sul vestito di velluto tipico del barbaricini essi indossano sa mastruca (un giubbone senza maniche di montone rovesciato), hanno il capo avvolto da un fazzoletto legato sotto il mento e sul viso portano una maschera nera di legno scolpito, che sembra un'accentuazione tragica dei volti dei protagonisti. Ognuno di loro porta pesantissimi grappoli di campanacci, legati a dei tiranti di pelle e distribuiti sul dorso e sul petto, che i movimenti del loro corpo fanno risuonare ritmicamente. I più bravi si vantano di riuscire a sentire anche la stonatura di un solo campanaccio. Essi procedono in sei coppie e sono attoniati da otto issochadores. Questi sono in genere aitanti giovani il cui abbigliamento contrasta con l'aspetto lugubre e tragico dei mamuthones. Indossano pantaloni di velluto nero, gambali, una camicia bianca e un corpetto rosso con una banda di sonagli sul petto. In testa hanno un berretto ricoperto di nastri colorati e, legato in vita, uno scialle di seta variopinta. In mano hanno una soca cioè una fune che serve per prendere al lancio qualcuno del pubblico, che poi dovrà pagare da bere per essere liberato. Il curioso corteo (in cui forse si può leggere in trasparenza un trasporto di prigionieri) inizia nel primo pomeriggio e prosegue fino a notte inoltrata, con frequenti soste per bere il vino offerto lungo il percorso. Mamuthones e issochadores (vinti e vincitori di una storia in cui significato si perde nella notte dei tempi) procedono lentamente, i primi a ogni passo operano movimenti alternati delle spalle e delle braccia che provocano il suono dei campanacci, i secondi hanno gesti agili ed eleganti, intervallati con improvvisi scatti durante i quali lanciano la soca per "catturare" qualcuno degli spettatori. Ogni tanto emettono gridi o scambiano battute con il pubblico, mentre i mamuthones restano assolutamente muti. Intanto nella piazza del Comune sono aperte le danze tradizionali a girotondo, accompagnate dal suono della fisarmonica. Una regola non scritta vuole che nessuno possa rifiutare il braccio a chi gli capita vicino, fosse pure un suo nemico mortale.
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Carnevale Ottanese
Ottana (NU)
Ultima domenica di Carnevale e martedì grasso
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Famoso per le caratteristiche maschere (Merdules, Boes e Filonzana), ma soprattutto per la rappresentazione che interpretano, cioè la lotta tra uomini e animali o demoni, mentre la Filonzana, con il fuso, fila il filo della vita umana. Sia i Merdules che i Boes portano delle maschere di legno: quelle dei Merdules, in legno naturale, sono umane ma hanno un aspetto deforme, con nasi lunghissimi o bocche storte, mentre quelle dei Boes, come dice il nome, rappresentano il toro e sono dipinte con colori vivaci e munite di lunghe corna; esse hanno similitudini con alcuni bronzetti nuragici.
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Carnevale di Bosa
Bosa (OR)
17 gennaio e carnevale
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A parte l'inaugurazione che avviene il giorno di sant'Antonio (17 gennaio) con una sfilata di cavalli, il carnevale bosano si struttura in tre fasi: il laldaggiolu, l'attitidu e il gioldzi. Il laldaggiolu inizia la settimana che precede il giovedì grasso con gruppi di musicisti e maschere che vanno in giro di casa in casa a eseguire canti satirici su temi di cronaca locale che spesso mettono alla berlina gli amministratori. Si visitano soprattutto le abitazioni dei compaesani più abbienti e autorevoli, che in genere accettano con fair play le frecciate canore e anzi offrono in cambio salsicce, vino, pani, caci e dolci che poi saranno consumati in una serata conviviale al termine della questua. Il martedì grasso è la volta dei gruppi in maschera che propongono in chiave ironica lamenti funebri (appunto gli attitidu) improvvisati sul momento. Le maschere (in genere uomini) impersonano le lamentatrici funebri, indossano una lunga gonna arricciata in vita, corsetto e scialle neri, hanno il viso coperto da un velo dello stesso colore con dei fori per gli occhi. Portano in mano una bambola di stracci o un animaletto: cani, gatti, maialini, agnelli o perfino una rapa fasciata come un neonato. Il tono dei canti è spesso scurrile e allusivo e consiste per lo più in una richiesta rivolta alle donne perché vogliano allattare la bambola. La melodia è monotona e insistente al punto da indurre gli ascoltatori a offrire vino e bevande per far cessare i lamenti. Al tramonto la scena muta, vengono cambiati i costumi e sopraggiunge il momento più vivace: quello dei gioldzi. Per buona parte della notte le vie sono percorse da persone che indossano un lungo lenzuolo bianco e sul viso dipinto di nero portano una federa bucata. In mano tengono un lampioncino con il quale cercano altri gioldzi e la caccia coinvolge tutti. La ricerca è invariabilmente indirizzata verso gli organi sessuali: infatti il carnevale che muore cerca di ripararsi là dove è situata la fronte della vita. Tutti gridano:"Gioldzi! Gioldzi! Ciappadu l'appu!" (l'ho preso!). La malvasia scorre a fiumi e il divertimento è senza freni, si mangiano fave con il lardo e altre specialità locali. Nell'occasione è ancora possibile ascoltare un antico strumento musicale chiamato sa serragia. Si tratta di uno strumento ad arco formato da una canna alla cui estremità è fissata una corda poggiante su una vescica di maiale fungente da cassa di risonanza e che viene suonato con un archetto.
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