|
|
Palio della città di Ferrara
Ferrara (FE)
Ultima domenica di maggio
|
Secondo alcuni studiosi locali si tratterebbe del Palio più antico del mondo, in quanto sarebbe stato istituzionalizzato nel 1279, sancendo una tradizione anteriore di una ventina d'anni, per festeggiare il marchese Azzo II Novello d'Este, vincitore del vicario dell'imperatore germanico Ezzelino da Romano. Da allora fu corso ininterrottamente (salvo nel caso di eventi bellici e calamità naturali) fino al 1860 nella ricorrenza di san Giorgio (24 aprile) e il 15 agosto, festa dell'Assunta. Fra le testimonianze che ricordano i Palii estensi del passato, vi sono quelle dell'Ariosto (Orlando Furioso, canto I) e del pittore Francesco del Cossa che ne affrescò una mirabile allegoria nelle splendide sale di palazzo Schifanoia. Il corteo storico oggi comprende un migliaio di personaggi in costume suddivisi fra dame, cavalieri, gonfalonieri, armigeri, musici e sbandieratori. La data scelta per la disputa del Palio odierno si rifà al 1471, quando Borso d'Este ricevette dal papa il titolo ducale, e per questa ragione i costumi sono quattrocenteschi. Nella splendida cornice di piazza Ariostea si gareggia quattro volte: corrono i putti (cioè i ragazzi minori di quattordici anni e il Palio è denominato di san Romano), le putte (Palio di san Paolo, che a partire dal 1477 è riservato alle pute honeste e da bene, ma che in precedenza era aperto alle mingarde, cortigiane di bassa levatura che davano spettacolo di sé correndo discinte), le asine (di san Maurelio) e i cavalli (di san Giorgio). In quest'ultimo abili fantini cavalcano sfrenati cavalli berberi e si gettano in una corsa mozzafiato per la conquista dell'ambito vessillo simbolo della vittoria. Ai Palii partecipano le otto contrade cittadine per contendersi quattro stendardi dipinti a mano da rinomati pittori ferraresi.
|
|
|
|
|
|
|
Palio del Niballo
Faenza (RA)
Terza e quarta domenica di giugno
|
Nel 1080 Faenza, in lotta con Ravenna, fu minacciata d'assedio dai ravennati. Nel dubbio che le loro forze fossero sufficienti a respingere l'attacco, i faentini cercarono aiuto e lo trovarono presso il conte di Vitry, che s'impegnò a inviare rinforzi nel caso in cui i ravennati avessero dato corso alla loro minaccia. Fu così che quando questi si accamparono al di là del fiume Lamone, giunsero i cavalieri francesi guidati dal conte. Sconfitti i nemici, i faentini offrirono al gentiluomo le chiavi della loro città, ma questi rifiutò e ripartì dopo aver donato alla comunità due stendardi. Da allora i cittadini ricordano la sua generosità con l'istituzione di un Palio. Alla manifestazione partecipano i cavalieri dei cinque rioni, che la terza domenica di giugno giurano nelle mani del magistrato impegnandosi a correre il Palio secondo i codici d'onore e di lealtà della cavalleria. Segue poi la gara degli sbandieratori. Durante la settimana i rioni organizzano allegri incontri gastronomici. La domenica successiva si corre il Palio, preceduto da un corteo storico che muove la piazza del Popolo e giunge fino allo stadio comunale. L'ordine di marcia si stabilisce in base alla classifica dell'anno precedente e la sfilata è preceduta dal gruppo municipale con il gonfalone che scorta i premi della gara: il Palio (un drappo rosso ricamato) per il vincitore, una porchetta per il secondo, un gallo e dell'aglio per il terzo rione classificato. I cavalieri a coppie si lanciano verso il Niballo, di cui devono colpire con la punta della lancia (lunga quasi tre metri) la mano su cui è sistemato un bersaglio di soli otto centimetri di diametro. Niballo è la contrazione di Annibale, nome mitico di un re moro con cui si usa chiamare il bersaglio. Si corrono in tutto venti tornate, poiché ogni cavaliere deve sfidare tutti gli avversari. I cavalieri devono percorrere due tracciati opposti a forma di ferro di cavallo per poi incontrarsi a metà strada, dove è posto il Niballo. Il primo che riuscirà a colpirlo si aggiudicherà uno scudo con i colori del rione perdente e naturalmente il vincitore sarà chi avrà conquistato il maggior numero di scudi.
|
|
|
|
|
|
|
Sagra dell'uovo
Tredozio (FC)
Domenica di Pasqua
|
Sagra che culmina nella "battitura dell'uovo sodo": i contendenti devono riuscire a rompere il guscio delle uova altrui mantenendo il proprio intatto.
|
|
|
|
|
|
|
Fira di Sett Dulur
Russi (RA)
Terza settimana di settembre
|
La festa dei Sette Dolori originariamente riguardava la celebrazione della Madonna dei Sette Dolori e si può far risalire all'insediamento dei Frati Serviti a Russi e al costituirsi della relativa confraternita verso la fine del '500. Nel 1688 poi Innocenzo XI regolamentò ufficialmente la celebrazione della venerazione alla Madonna Addolorata. Con l'andar del tempo la festa si è trasformata nella sagra del "Bel e còt", un particolare tipo di cotechino, e del "Canèna nòva", un vino rosso nuovo appena vendemmiato.
|
|
|
|
|
|
|
La Segavecchia
Forlimpopoli (FC)
III Domenica di Quaresima e sabato precedente
|
La "Vecchia" è alta cinque metri e dieci centimetri ed è condotta in processione fino al patibolo, cosicché tutti possano assistere al supplizio e trarne i dovuti insegnamenti, in particolare quello di rispettare l'obbligo del digiuno quaresimale imposto dalla Chiesa in memoria dei quaranta giorni trascorsi dal Signore nel deserto prima di morire sulla croce. Attraverso il supplizio della "Vecchia", infatti, rivive la leggenda della giovane sposa che " trovandosi gravida in tempo di Quaresima le venne voglia di un salsicciotto bolognese", e tanta era questa voglia che "se lo trangugiò ancora crudo tutto intero", peccato grave per il quale sarebbe stata condannata a morte. E che morte, addirittura segata per metà.
Dopo questi truci antefatti, si potrebbe pensare che i giorni della mezza Quaresima a Forlimpopoli inducano all'orrore, più che alla preghiera e alla penitenza.
Al contrario, sono giorni di festa e di matta allegria, tanto che arriva gente da tutta la Romagna e anche da fuori.
: www.segavecchia.it
|
|
|
|
|
|
|
Sposalizio del Mare
Cervia (RA)
Ascensione
|
La cerimonia si celebra ininterrottamente dalla metà del Quattrocento, quando fu istituita dal vescovo veneziano Pietro Barbo (il futuro Papa Paolo II), probabilmente su imitazione di un'analoga cerimonia che si svolgeva a Venezia. Narra una leggenda che il vescovo, sul punto di naufragare davanti alle coste di Cervia, riuscì a placare il mare solo gettando il suo anello pastorale fra le onde furenti. Nel pomeriggio parte un corteo, preceduto dalla banda musicale e da paggetti in costume, che si dirige verso il porto, dove tutti s'imbarcano su pescherecci e bragozzi parati a festa. Quando le barche sono al largo inizia la cerimonia che simboleggia lo sposalizio fra il mare e la città. Il vescovo pronuncia la benedizione, mentre nel porto si cantano inni sacri e poi getta il suo anello legato a un nastro colorato tra i flutti. Prontamente i marinai si gettano in acqua e fanno a gara per ripescare l'anello, che poi sarà donato a colui che riuscirà a impadronirsene. Più rapidamente l'anello sarà stato ritrovato e migliori saranno gli auspici sull'esito della stagione di pesca.
|
|
|
|
|
|
|
|