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DATI TERRITORIO
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MALLES VENOSTA
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BZ
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Regione: Trentino A. A.
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Provincia: Bolzano
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Altre Lingue: Tedesco
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Toponimo: Mals Im Vinschgau
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Popolazione: 4.835
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Altitudine: 1051 metri slm
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Zona Climatica: F
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Latitudine: 46° 41' 20" N
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Longitudine: 10° 32' 36" E
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MITI & LEGGENDE
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MALLES VENOSTA
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BZ
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Il nano in trappola
Malles Venosta (BZ)
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Un tempo, sui nostri monti, vivevano i nani. Dimoravano nelle grotte tappezzate di muschio, nei boschi verdi e cupi, ma, non di rado, prediligevano i pascoli alpini trapunti di genziane e di nigritelle. Talvolta i nani lasciavano la loro alpestre dimora per scendere fra i contadini e i pastori. Strani davvero quegli omini! A volte si dimostravano amici dell'uomo, aiutandolo nel suo lavoro e nelle sue necessità, a volte, invece, animati da inspiegabile astio, non esitavano a perseguitarlo con burle e beffe di ogni genere. Così appresi dalle numerose leggende della Val Passiria, di Marzia, di Planol (Alta Val Venosta), dove talvolta accade di imbattersi in luoghi che, nel nome, ricordano ancora i misteriosi abitatori della montagna. Nella pittoresca e selvaggia Val di Planol esiste un esteso pascolo chiamato tutt'oggi «Alpe dei nani». La primavera vi giunge tardi, ma al suo tocco, come d'incanto, ogni filo d'erba solleva il capino e mette un fiore. L'alpe sembra rinascere alla carezza del sole e, nelle brevi pozzette lasciate dall'ultima neve, si specchiano le delicate soldanelle. Forse, lassù, sull'alpe verde, abitava quel nanetto che, puntualmente, due volte in settimana, scendeva a far visita ad una famiglia di contadini di Planol. Alto un piede, vestito tutto di verde come una raganella, usciva improvvisamente dal bosco e, già da lontano, annunciava il suo arrivo con grida scoppiettanti.«Son qui - sembrava voler dire - non mi vedete?». A salti, a balzi raggiungeva la casa, infilava la porta, entrava difilando in cucina: un ultimo balzo ed eccolo issato sul davanzale della finestra, suo posto preferito. In cucina la faceva da padrone e si divertiva un mondo a spaventare la contadina con urla scomposte, con sghignazzi sguainati. La poveretta, per lo spavento, rovesciava la minestra sul fuoco ed, infine, era costretta a fuggirsene via, chiamando aiuto. Rideva, rideva allora l'omino e tutta la vasta e nera cucina echeggiava delle sue beffarde risate. Ma questo non era tutto: il nano era inesauribile nell'architettare i suoi tiri birboni e, di volta in volta, si faceva più perfido e sfrontato. Penetrava di soppiatto nel pollaio e rubava le uova fresche fresche dal nido. Inutilmente la gallina lanciava nell'aria il suo trionfante «coccodè»; quando la contadina, ansante e trafelata, giungeva nel pollaio, l'uovo non c'era più. A volte, il mariuolo entrava nella stalla, legava i vitelli ad una sola catena, rubava il latte, mungendo di nascosto le mucche o tagliava fette di lardo dal maiale ancor vivo. Il contadino, i figli, i servi, tutti erano impegnati nel montare di guardia alla casa, alla stalla, al pollaio, ma invano. Il nano riusciva sempre a portare a termine, indisturbato, le sue burle malvage. Non c'era più pace nel maso. Allora la contadina pensò di ricorrere al consiglio delle vicine, cui raccontò la lunga serie di disavventure. Le esperte comari la consigliarono di aspergere la casa con l'acqua benedetta, di fare elemosine. Tutto ciò aveva effetto, al massimo, per un mese, poi il nano ritornava e con una perfidia ancor maggiore, quasi per rifarsi del tempo perduto, riprendeva a tormentare la donna. Un inferno. Un giorno giunse da Malles una donna, nota in tutta la valle per la sua scaltrezza. La contadina la invitò in casa e le espose il caso suo. «Il rimedio c'è» le disse quella furbacchiona di tre cotte «prepara tu stessa una grossa trappola per topi, mettici una bella esca di lardo e poni la trappola sul davanzale della finestra. Ricordati di non accendere il lume e fa che nella cucina regni il più grande silenzio. Il nano, attirato dal profumo del lardo di cui è tanto ghiotto, entrerà nella trappola e, ciac… scatterà la molla: il nostro ometto rimarrà prigioniero. Sibito ti avvicinerai e gli dirai: "Promettimi di non molestarmi più o non uscirai vivo di qui!"». La contadina, rasserenata, preparò una trappola di dimensioni non comuni e la collocò nel posto stabilito. Il nano non si fece attendere: gridando, sghignazzando come il solito, entrò in casa. La cucina era buia, deserta. Con un balzo l'omino fu sulla finestra: un urlo lacerante ruppe, in quell'istante, il silenzio. Ci siamo - pensò la contadina - e corse in cucina. Il nano era là che si dibatteva, rosso di rabbia e di dolore, tentando, invano, di liberarsi dalla terribile morsa. «Uh, uh, il mio povero piede!» berciava il nano beffato, e grosse lacrime gli colavano giù per le gote grinzose e paonazze. La contadina, impietosita, gli si avvicinò, dicendogli: «La tua cattiveria è stata punita. Ti libererò, a patto che tu mi prometta di non molestarmi più». Tra singhiozzi e lamenti, il nano promise. La donna non chiedeva di più; fece scattare la molla e l'omino fu libero. Si tastò il piede indolenzito, si terse col dorso della mano le ultime lacrime e, zoppicando, si allontanò. La lezione era dura: non tornò più.
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