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Il Lago Santo modenese
Pievepelago (MO)

Secoli e secoli or sono, un re malvagio valicò lunghe catene di monti per venire a conquistare una città. Già altre città, già altri paesi e villaggi egli aveva conquistato o distrutto, senza che la sua cattiveria fosse stata punita.
Questa volta, però, si trattava di una città che non meritava d'essere asservita, perché i suoi abitanti l'avevano edificata con amore, l'avevano resa ricca, bella, fiorente.
Allorché essi si accorsero del pericolo che stavano correndo, per notti e per giorni si misero a scavare un enorme vallone di dove, ben nascosti e protetti, al momento opportuno avrebbero potuto scacciare il nemico con una pioggia di frecce.

Venuto a conoscenza della cosa, il re chiamò il ministro e gli impose di trovare un rimedio alla situazione. Fu così che il ministro corse alla grotta del gigante e di laggiù, microscopico e tremante, gridò:
- Ehi, tu! Che cosa chiedi in cambio, per darci una mano?
- Quindici paia di buoi! -, rispose il gigante che dal suo antro seguiva e vedeva ogni cosa. - Trenta mucche …
E intanto si stropicciava beato le mani, pensando che, con poca fatica, avrebbe avuto da mangiare e da bere per tutto l'inverno. Ed eccolo al lavoro. Distese le braccia, lunghe dodici miglia ciascuna, roteò le mani grandi come paesi, e, afferrata a caso una montagna per il cocuzzolo, se la pose sulla testa e s'incamminò per raggiungere il punto giusto di dove, scagliandola, avrebbe in un batter d'occhi seppellito città e cittadini. Ma che cosa avvenne, a un tratto? Avvenne questo: miliardi di formicuzze piccine e tenaci accorsero da ogni dove e cominciarono a scavare con tutte le loro energie la montagna che il gigante si portava sulla testa. Scava e scava, ben presto esse l'attraversarono da un capo all'altro. Così il gigante, prima di raggiungere la propria meta, si ritrovò con la testa infilata nella galleria scavata dalle formiche e con la montagna tutta intorno al collo come… un collarino.
Ma che terribile collarino! Strozzato a quel modo, che poteva fare il povero gigante? Urlava, e le sue urla si perdevano in un gorgoglio. Cercava di scrollarsi di dosso la montagna, ma più scrollava e più essa gli si assestava intorno al collo…
Sbuffava e smaniava, ma tutti i suoi movimenti non producevano che un lieve rotolio di sassi e di terriccio… Era la fine. A poco a poco, infatti, le forze gli mancarono ed egli morì.
Intanto si era messo a piovere. Una pioggia abbondante, continua che scrosciava dilagando per la campagna e per il vallone, dividendo inesorabilmente la città dai suoi nemici.
Piovve giorno e notte, per più giorni e più notti. Ormai la città era salva e i cittadini potevano guardare con gioioso sollievo quella pioggia benedetta che li aveva liberati dal pericolo.
Così, quando tornò il sole, raggiunto il luogo in cui il gigante era crollato, tutti videro che la pioggia aveva riempito fino all'orlo anche il buco scavato dalle brave formicuzze nella montagna, formando un grazioso laghetto.
A ricordo di quel gesto di bontà, lo chiamarono Lago Santo


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