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Sa Sortilla 'e Tumbarinos
Gavoi (NU)

Giovedì grasso

Primo giorno del carnevale di Gavoi caratterizzato dal raduno dei tumbarini costruiti interamente a mano.


Carnevale di Mamoiada
Mamoiada (NU)

Carnevale

Al centro del carnevale di Mamoiada, un piccolo comune della Barbagia posto su un altopiano, sono i mamuthones. Sul vestito di velluto tipico del barbaricini essi indossano sa mastruca (un giubbone senza maniche di montone rovesciato), hanno il capo avvolto da un fazzoletto legato sotto il mento e sul viso portano una maschera nera di legno scolpito, che sembra un'accentuazione tragica dei volti dei protagonisti.
Ognuno di loro porta pesantissimi grappoli di campanacci, legati a dei tiranti di pelle e distribuiti sul dorso e sul petto, che i movimenti del loro corpo fanno risuonare ritmicamente. I più bravi si vantano di riuscire a sentire anche la stonatura di un solo campanaccio. Essi procedono in sei coppie e sono attoniati da otto issochadores.
Questi sono in genere aitanti giovani il cui abbigliamento contrasta con l'aspetto lugubre e tragico dei mamuthones. Indossano pantaloni di velluto nero, gambali, una camicia bianca e un corpetto rosso con una banda di sonagli sul petto.
In testa hanno un berretto ricoperto di nastri colorati e, legato in vita, uno scialle di seta variopinta. In mano hanno una soca cioè una fune che serve per prendere al lancio qualcuno del pubblico, che poi dovrà pagare da bere per essere liberato. Il curioso corteo (in cui forse si può leggere in trasparenza un trasporto di prigionieri) inizia nel primo pomeriggio e prosegue fino a notte inoltrata, con frequenti soste per bere il vino offerto lungo il percorso.
Mamuthones e issochadores (vinti e vincitori di una storia in cui significato si perde nella notte dei tempi) procedono lentamente, i primi a ogni passo operano movimenti alternati delle spalle e delle braccia che provocano il suono dei campanacci, i secondi hanno gesti agili ed eleganti, intervallati con improvvisi scatti durante i quali lanciano la soca per "catturare" qualcuno degli spettatori.
Ogni tanto emettono gridi o scambiano battute con il pubblico, mentre i mamuthones restano assolutamente muti. Intanto nella piazza del Comune sono aperte le danze tradizionali a girotondo, accompagnate dal suono della fisarmonica. Una regola non scritta vuole che nessuno possa rifiutare il braccio a chi gli capita vicino, fosse pure un suo nemico mortale.



Carnevale Ottanese
Ottana (NU)

Ultima domenica di Carnevale e martedì grasso

Famoso per le caratteristiche maschere (Merdules, Boes e Filonzana), ma soprattutto per la rappresentazione che interpretano, cioè la lotta tra uomini e animali o demoni, mentre la Filonzana, con il fuso, fila il filo della vita umana. Sia i Merdules che i Boes portano delle maschere di legno: quelle dei Merdules, in legno naturale, sono umane ma hanno un aspetto deforme, con nasi lunghissimi o bocche storte, mentre quelle dei Boes, come dice il nome, rappresentano il toro e sono dipinte con colori vivaci e munite di lunghe corna; esse hanno similitudini con alcuni bronzetti nuragici.





Carnevale di Bosa
Bosa (OR)

17 gennaio e carnevale

A parte l'inaugurazione che avviene il giorno di sant'Antonio (17 gennaio) con una sfilata di cavalli, il carnevale bosano si struttura in tre fasi: il laldaggiolu, l'attitidu e il gioldzi. Il laldaggiolu inizia la settimana che precede il giovedì grasso con gruppi di musicisti e maschere che vanno in giro di casa in casa a eseguire canti satirici su temi di cronaca locale che spesso mettono alla berlina gli amministratori. Si visitano soprattutto le abitazioni dei compaesani più abbienti e autorevoli, che in genere accettano con fair play le frecciate canore e anzi offrono in cambio salsicce, vino, pani, caci e dolci che poi saranno consumati in una serata conviviale al termine della questua. Il martedì grasso è la volta dei gruppi in maschera che propongono in chiave ironica lamenti funebri (appunto gli attitidu) improvvisati sul momento. Le maschere (in genere uomini) impersonano le lamentatrici funebri, indossano una lunga gonna arricciata in vita, corsetto e scialle neri, hanno il viso coperto da un velo dello stesso colore con dei fori per gli occhi. Portano in mano una bambola di stracci o un animaletto: cani, gatti, maialini, agnelli o perfino una rapa fasciata come un neonato. Il tono dei canti è spesso scurrile e allusivo e consiste per lo più in una richiesta rivolta alle donne perché vogliano allattare la bambola. La melodia è monotona e insistente al punto da indurre gli ascoltatori a offrire vino e bevande per far cessare i lamenti. Al tramonto la scena muta, vengono cambiati i costumi e sopraggiunge il momento più vivace: quello dei gioldzi.
Per buona parte della notte le vie sono percorse da persone che indossano un lungo lenzuolo bianco e sul viso dipinto di nero portano una federa bucata. In mano tengono un lampioncino con il quale cercano altri gioldzi e la caccia coinvolge tutti. La ricerca è invariabilmente indirizzata verso gli organi sessuali: infatti il carnevale che muore cerca di ripararsi là dove è situata la fronte della vita. Tutti gridano:"Gioldzi! Gioldzi! Ciappadu l'appu!" (l'ho preso!). La malvasia scorre a fiumi e il divertimento è senza freni, si mangiano fave con il lardo e altre specialità locali. Nell'occasione è ancora possibile ascoltare un antico strumento musicale chiamato sa serragia. Si tratta di uno strumento ad arco formato da una canna alla cui estremità è fissata una corda poggiante su una vescica di maiale fungente da cassa di risonanza e che viene suonato con un archetto.



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